Il Saldi sono iniziati il 3 gennaio e in alcune zone ancora prima e stanno continuando anche in questi giorni. In questo periodo, c’è una vera e propria corsa all’acquisto più vantaggioso.
La comunicazione estremamente funzionale, comunica in tutto e per tutto questa assoluta e frenetica urgenza di acquistare e possedere capi venduti a cifre improponibili. Quest’anno mi è capitato di vedere maglioni venduti a 9,90 euro in saldo, o anche meno. Faccio appositamente l’esempio del maglione per citare un capo che generalmente ha una lavorazione più complessa rispetto ad altri indumenti, con un impiego di materie prime e manodopera non indifferente. C’è davvero da chiedersi “Who made my clothes?”, come citava la nota campagna di Fashion Revolution.
L’immagine che ho condiviso nei social parla di “SALDI rosso SANGUE”: saldi perché non possiamo chiamare altrimenti queste svendite al ribasso; sangue perché in realtà, gli indumenti che compriamo sono il risultato del dolore e dell’ingiustizia umana. Rosso come lo svilimento di un’arte per cui l’Italia è sempre stata ammirata. Rosso come la paura di uno schiavismo e di una disumanità senza più controllo. Rosso come il tasto “OFF” che vorremmo premere per spegnere un sistema che sta distruggendo il pianeta. Rosso come incendio, sono di pochi giorni fa le stragi australiane. Rosso come un semaforo che ci indica di fermarci. E infine, rosso come tutto ciò che non vogliamo più.
Non vogliamo le rosse mani di chi ha lavorato più di 12 ore senza tutela.
Non vogliamo il rosso del sangue versato dagli animali per l’industria della moda.
Non vogliamo le nostre gambe rosse perché il colorante degli indumenti ci reca allergia.
Non vogliamo il rosso del conto in banca acquistando solo povertà!
Non vogliamo un pianeta rosso d’inquinamento e deserti.
…
Sfruttiamo questo periodo per non correre. Camminiamo tra i saldi, rallentiamo il nostro ritmo e poniamoci delle domande essenziali.
Un rosso che brucia produce il Dark Side della moda ed è ora di comprenderlo. “Fast Fashion isn’t free. Someone, Somewhere is paying.” Ma non solo il fast, dovremmo aprire una lunga parentesi anche per il Luxury brand. Per un “Made in Italy” inesistente.
Se fino a qualche anno fa, come comunicatori, potevamo permetterci di analizzare solamente la parte estetica della comunicazione. Oggi non ci è più concesso, come comunicatori, come persone e come abitanti del mondo. C’è chi trasforma il negativo in positivo anche in questi giorni, guardiamo alle scelte di brand etici. Un cambiamento è possibile: unire estetica ed etica anche in tempo di saldi è necessario!
Nei social, una sorta di INVERTISING obbligato e attento per andare contro corrente, studiando modi di comunicare diversi, nel rispetto della persona, della pelle, dell’ambiente, degli animali e del lavoro altrui. Vi lascio con questo slogan, efficace e dalla connotazione non ROSSA ma “Classic Blue” di AltroMercato : “NOI SCONTIAMO I PRODOTTI, NON IL LAVORO DI CHI LI HA REALIZZATI”!
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Francesca Bonotto per ModaPuntoCom