Voglio credere, nel momento storico che stiamo attraversando, che i brand di moda etica e sostenibile subiranno meno il grande impatto sociale, produttivo, stilistico e psicologico in atto.
Un pò ci spero, soprattutto se li consideriamo dal punto di vista del numero delle collezioni e dell’offerta, poiché, per loro filosofia, prediligevano già la qualità alla quantità, comprendendo un massimo di due collezioni all’anno (autunno\interno e primavera\estate).
Ad oggi si parla di “cambiamento nella moda” in diverse direzioni, anticipando i trend e cercando di far fronte all’emergenza. Non sappiamo ancora in che modo e quando l’Italia uscirà da questa condizione ma dai post, video, articoli on-line e pronostici vari, direi che tutti hanno timore che il settore moda possa risentirne maggiormente. Un po’ perché gli indumenti hanno via via dato credito all’ignoranza, accostandosi con il sistema, verso uno dei beni più voluttuosi e vulnerabili che il consumatore possa desiderare; riducendosi così alla stregua di una merce di poco conto poiché passeggera e di basso valore. Un po’ perché si teme (io compresa) che lo spostamento dell’attenzione verso l’emergenza attuale, altro non sia, per grandi realtà, che una buona e giustificata scusa per impegnarsi in azioni tanto lecite quanto di copertura ad un sistema che non intende mutare.
L’invito è perciò quello di guardare all’idea di cambiamento, non come alla sottrazione dello stile, bensì come all’addizione dello stesso. Meno abiti ma di maggior qualità è la sfida che tutti dovremmo porci, brand e stilisti per primi.
Quando un capo racconta una storia e propone bellezza, non sarà un sacrificio indossarlo più volte; bensì sarà un onore. Riscopriremo tutti la voglia di portare quella maglia, quel pantalone o quella giacca che avevamo già messo in quella data occasione, il cui ricordo ci allieva il cuore. Riscopriremo tutti la voglia d’indossare quel vestito, quel capello o quelle scarpe che ci coccolano l’animo poiché accarezzano la nostra pelle, donandoci uno straordinario sollievo al corpo e allo spirito. Ci scopriremo nuovamente creativi, cercando di abbinare indumenti già utilizzati con outifit diversi. Capiremo che la moda ha tutto un altro modo per comunicarsi, a livello personale e aziendale. Riscopriremo, soprattutto nella moda, il valore del tempo! Poiché nessuno sarà schiavo, di un virus, del denaro, degli interessi, del sistema moda e di molto altro, se sceglierà con Amore. Un cuore libero è un cuore che Ama e che persegue bellezza, in ogni circostanza.
Oggi leggiamo di marchi che convertono la loro produzione a favore dell’emergenza, fermando anche il tempo della moda. Un tempo che ci sembrava intoccabile e inattaccabile. Un tempo che, invece, possiamo (e dobbiamo) fare nostro! Credo che questo cambiamento, da parte di tutti (chi più e chi meno), per sostenere questo periodo di emergenza sia doveroso, purché autentico. Il brand che sussurra oggi, in pronta risposta alla situazione e soprattutto alla società, sarà il marchio che vincerà domani.
Oggi la società chiama ma non ha bisogno di grandi loghi di riconoscimento, di slogan ironici e di nuove campagne, oggi abbiamo tutti bisogno di fatti, di azioni, di consapevolezza e di una nuova presa di coscienza. Abbiamo necessità di sogni e di speranza. Di Amore e di Fede, in tutte le arti. Di grandi uomini\donne dai nomi piccoli, perché tutti noi cercheremo quei nomi piccoli e non li scorderemo mai. Sanno i nostri grandi ricordi. La comunicazione non deve smettere di raccontare storie ma la moda deve ritornare ad amare le persone. Persone intese come un tutto, con l’ambiente e il mondo che ci circonda. Oggi più che mai con trasparenza e nuova lungimiranza. Sono convinta che la moda (quella vera!) tornerà a splendere più di prima.
La storia c’insegna che sono proprio i periodi come questi a tirare fuori il meglio delle arti e noi abbiamo il dovere di non dimenticarlo e anzi, di aiutare l’arte al servizio della società. Ci basta pensare alle collezioni che hanno firmato la storia delle moda come, Emilio Schuberth, Cocò Chanel, Cristian Dior, Lucien Lelong, Jean Patou, Claire McCardell, Vivienne Westwood e moltissimi altri.
Mi auguro che questo periodo insegni ad ognuno di noi a portare maggiore consapevolezza e cultura, guardando (anche) alla moda. Consumatori, appassionati, comunicatori, pubblicitari, stilisti, manager, consulenti e molti altri, tutti siamo connessi, nessun lavoro, persona, cosa è indipendente e questa situazione sta cercando di farcelo capire. La ripresa dipenderà da noi. Avremo (forse) un’altra possibilità, nella moda e nella vita. È tempo di non sprecarla più!
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Un saluto a tutti e alla prossima pillola fashion.
Francesca Bonotto per ModaPuntoCom