L’Etichetta è la prima forma d’informazione e comunicazione di un abito verso il consumatore.
Il primo progetto di comunicazione che generalmente si affianca ad un abito, nel momento della sua presentazione in pubblico, nello store. Eppure, non so voi, ma io fino a qualche tempo fa, prima di lavorare in questo settore e capire davvero quanto valore dovrebbe avere questo strumento, era la prima cosa che non leggevo e che gettavo via.
Non fate come me! Per alcuni aspetti, l’etichetta è la nostra bussola in un mercato sempre più dark. A volte non dice tutto, ma anche con segni e simboli può comunicare molto. Le scelte grafiche ed estetiche, come la scelta della carta, dei colori e della stampa, ci possono rivelare qualcosa del capo che stiamo per scegliere. Allo stesso modo, anche un bindello scarno d’informazioni, con solamente l’applicazione del brand della marca, dice cosa possiamo aspettarci o meno da quel capo e da quell’azienda.
Possiamo considerare l’etichetta come uno strumento grafico che ci può fornire indici di trasparenza rispetto all’azienda con la quale ci interfacciamo. Sia in termini estetici che di qualità.
Tenere l’etichetta significa prendersi cura di un capo. Cercare di trasformare un “capo stagionale” in un design durevole, dimostrando un approccio sostenibile non solo nella moda ma anche verso il nostro pianeta.
In America, nei Paesi Nordici e in molti altri paesi, il mercato del “SecondHand” è molto promosso e in un’ottica positiva. In Italia, non è ancora così ben visto, anche se da qualche anno si stanno sviluppando sempre più associazioni e iniziative volte a favorire un riciclo creativo degli indumenti.
Conservare l’etichetta può aiutarci anche a rivalutare il nostro capo in mercatini dell’usato e\o in swap party con le amiche. In questo caso, la comunicazione che si lega al mezzo è influenzata ulteriormente dalla sfera del valore.
Un capo di moda etica e sostenibile riesce a mantenere il suo valore in modo più significativo se affiancato dall’etichetta e dal packaging. Pensiamo ad esempio all’influenza del Vintage!
Anche i capi dei luxury brands godono di questa proprietà. Meno, invece, quelli appartenenti al Fast Fashion: il prezzo svaluta e colloca automaticamente l’acquisto, senza aver bisogno di costruzioni comunicative.
La comunicazione di moda etica e sostenibile è ancora tanto spiegata con parole e di tante parole talvolta necessita per raccontare al suo pubblico l’attenzione e la cura per i materiali, per la filiera e per la realizzazione dei capi. La sfida comunicativa è proprio quella di differenziare i canali comunicativi e riuscire a fare la giusta informazione, oltre l’abito. Nell’etichetta il futuro saranno i pittogrammi: segni e simboli belli, semplici e intuitivi.
Per riuscire a creare un ottimo prodotto comunicativo e\o per acquistare un capo che rispetti le proprie attese anche in termini di qualità delle materie prime e del sistema produttivo a monte, occorre, come in tutte le cose, fare un po’ di esperienza sul campo. La prossima volta che vi troverete in un negozio, provate a seguire questi step e iniziate a fare pratica di una moda più vera e autenticamente bella:
1° step: leggiamo l’etichetta;
2° step: se non capiamo informiamoci chiedendo e leggendo. Diventiamo curiosi dei materiali e delle tinture che dobbiamo metterci addosso, del marchio che ci piace e del sistema produttivo che utilizza. Se non riusciamo a trovare le giuste informazioni in store, on-line e nei canali social, poniamoci delle domande sulla trasparenza di ciò che vorremmo acquistare e facciamo le dovute valutazioni (con senso etico e critico);
3° step: alleniamo il nostro tatto. Sembra quasi scontato ma oggigiorno non lo è più. Pochissime sono le persone che riescono a riconoscere filati naturali e tinture eco, solo toccando un capo. In realtà, dovete sapere che la nostra pelle ci parla, dobbiamo nuovamente imparare ad ascoltarla;
4° step: siamo fiduciosi ma non troppo. Chi lavora nel mondo della moda talvolta ostenta una conoscenza delle materie prima e\o dei processi che talvolta non ha. Anche le commesse, quasi sempre, non sono adeguatamente formate sui prodotti che si trovano a vendere e questo nelle scelte in store di certo non ci aiuta. Fidarsi è bene ma non troppo.
Il 5° step l’ho aggiunto per i comunicatori, questi addetti al settore che dovranno adeguarsi ad un’ottica sempre più green e che per essere efficaci dovrebbero convertire il loro stile di vita, o almeno fare esperienza di questo nuovo modo di (sopra)vivere nell’ambiente. Il consiglio, per loro e per me, è di unire l’esperienza con una cultura più ampia sul tema, ma senza mai tralasciare il gusto estetico: la bellezza nella moda è di default!
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Un saluto a tutti e alla prossima pillola fashion.
Francesca Bonotto per ModaPuntoCom