Vi siete mai chiesti cosa succede quando una leggerezza diventa insostenibile?
A dire la verità, io non ci pensavo proprio e forse anche la metà di voi non avrebbe mai pensato che accostare un aggettivo come “leggero” ad un altro, che significa l’esatto opposto, fosse così efficace per descrivere la situazione d’emergenza attuale, nel settore della moda.
Quando si scrive e si parla di moda tutto è permesso. Come già precedentemente affermato, la moda gode di molte contraddizioni al suo interno. Questo ossimoro ne è l’esempio, seppur totalmente rappresentativo di un sistema che con assoluta leggerezza ha inquinato e sfruttato le risorse a nostra disposizione fino a diventare insostenibile. Questa sfrontata leggerezza, di un settore che vive sulla superficie delle cose e della società, si è nutrita di una comunicazione tanto efficace quanto più muta rispetto ai processi, ai materiali, ai sistemi di creazione, confezione e distribuzione dei prodotti.
Se per capire il contesto in cui si opera, come comunicatori e come consumatori di questo settore, è necessario informarsi ed essere disincantati. Per entrare da coscienze consapevoli all’interno di un settore di mercato leggero e per questo insostenibile, serve aprire la mente a tutto ciò che non si crede possibile o di senso compiuto e invece, purtroppo, qui ne assume.
Partiamo da qualche dato per far prendere alla leggerezza le giuste dimensioni di un danno ambientale senza ritorno.
La produzione degli indumenti, fast fashion e luxury brand, rappresenta Il 20% dello spreco globale di acqua, il 10% delle emissioni di anidride carbonica, la produzione di più̀ gas serra rispetto a tutti gli spostamenti navali e aerei del mondo, il 24% dell’uso di insetticidi e per l’11% dell’uso di pesticidi.
Fino al 2018, l’85% dei vestiti prodotti finiva in discarica e solo l’1% veniva riciclato. Sempre secondo i dati del Centre for Sustainable Fashion, rispetto al 2000 il consumatore medio acquista il 60% di abiti in più conservandoli per minor tempo.
La moda che fino a ieri rappresentava un affare, poiché li focus era il rapporto tra prezzo e visibilità del brand, oggi è la diretta responsabile dei cambiamenti climatici, dello sfruttamento e dell’inquinamento delle risorse idriche, dell’inquinamento da pesticidi, dello sfruttamento del suolo, della diminuzione delle risorse naturali, del consumismo e degli sprechi, della schiavitù moderna e del nostro mancato benessere (inteso come corpo, mente, spirito).
Scegliere come spendere i nostri soldi può creare il mondo che desideriamo!
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Un saluto a tutti e alla prossima pillola fashion.
Francesca Bonotto per ModaPuntoCom