IL 14 Gennaio 2021 è nato ufficialmente “Intrecci Etici”, il documentario italiano sulla moda sostenibile.
Iniziamo dal titolo: “Intrecci Etici”. La parola “Intrecciare” ci porta alla memoria antiche pratiche della tradizione artigianale connesse con paesaggi verdi illuminati dal sole, immersi nella serenità di un clima tiepido. Intrecci ricorda l’unione. Non un semplice “mettere insieme” bensì un incastro perfetto e, proprio per questo, generativo, durevole e unico. Non serve che vi descriva la seconda parola del titolo, “Etica”, per la quale molti miei colleghi giornalisti e docenti, sarebbero ben più precisi nella definizione. Aggiungo solo che le due parole vicine creano un suono bellissimo. Un’assonanza che nasce nel cuore di ognuno di noi. Nel cuore di ogni italiano che pensa con nostalgia alla tradizione che caratterizza il nostro paese, per la manifattura e l’artigianalità. Qualità che tutto il mondo ci invidia, ci copia e ci richiede e che proprio noi, dovremmo imparare a difendere davvero e a custodire nel tempo.
Intrecci Etici è stato per un bel periodo “immaginazione” e “visione” dei registi e filmmaker Lorenzo Malavolta e Lucia Mauri, di LUMA video, che hanno creduto in un progetto e lo hanno proposto attraverso una campagna di successo, sulla piattaforma di crowdfunding “Produzioni dal Basso”. Ho avuto il piacere d’intervistare Lorenzo, per la rubrica ModaPuntoCom in IUSVE Cube Radio, proprio in quel periodo e ho constatato con grande piacere, la forte passione e motivazione che sosteneva l’iniziativa. Tutti ci siamo fatti coinvolgere dalla loro comunicazione social aspettando di vedere qualche scorcio delle loro visioni work in progress, piuttosto che qualche frame dei loro girati. Fino al countdown di qualche giorno fa e INTRECCI ETICI è ora on-line!
Il documentario è disponibile in esclusiva sulla piattaforma streaming di “Infinity Tv”: Intrecci Etici è stato infatti scelto all’interno dell’Infinity LAB di Mediaset, un progetto che supporta giovani registi e filmmaker indipendenti che hanno una storia da raccontare. Io non ho resistito e adesso vi racconto un po’ chi troverete nei 56 minuti da guardare e gustare tutti d’un fiato:
Marina Spadafora di Fashion Revolution Italia.
Grande donna con un curriculum di tutto rispetto nel settore moda. Coordinatrice del movimento Fashion Revolution Italia, che per gli appassionati, non si può non conoscere e seguire. Stilista e consulente creativa nel settore moda, parla di “bulimia di acquisto” nel descrivere la situazione insostenibile causata dagli effetti della Fast Fashion. È una delle voci narranti del documentario e racconta in modo saggio cosa si cela dietro il sistema moda.
Francesca Romana Rinaldi, docente esperta di moda sostenibile. Tra le sue pubblicazioni più conosciute: “Fashion Industry 2030: Reshaping the Future Through Sustainability and Responsible”. Nel documentario rende semplici le definizioni più tecniche in materia di sostenibilità, il tutto per capire nel profondo i processi e le differenze tra l’approccio slow e fast nel settore moda.
Francesca Boni di Il Vestito Verde, community italiana di moda sostenibile. Una ragazza che riesce a far dialogare in modo efficace, nella rete, target diversi, i quali portano interesse ai valori della sostenibilità e alla sua piattaforma. Francesca spiega come la sostenibilità è diventata una tendenza appetibile per molti marchi, che hanno visto nella crescente richiesta del consumatore un’opportunità di mercato più che una nuova consapevolezza da intraprendere e preservare. Tra green washing e brand virtuosi, il suo blog parla la lingua del consumatore cercando di informarlo e creando scambi d’esperienza efficaci.
Cinzia Congia e Mauro Vismara di Maeko filati e tessuti naturali. Una coppia gentile e disponibile che ho avuto il piacere di conoscere. Visionari dei tessuti di moda, creativi sempre sul pezzo, con una grande curiosità per la materia prima. Nel documentario raccontano il loro percorso verso la sostenibilità nella moda, a partire da una fibra, tanto dimenticata quanto necessaria oggi: la canapa. Mi ricordano molto i Missoni, la coppia nella moda che portò la rivoluzione grazie alle righe “Zig Zag”, forme basiche dove la semplicità, il colore e la contaminazione hanno caratterizzato un brand. Maeko trasporta l’innovazione nei tessuti, scardinando le regole e proponendo sempre nuove soluzioni con materiali naturali. Non sarà forse questa la rivoluzione che tutti stiamo aspettando?
Una rivoluzione della bellezza, intesa come qualità, rispetto e ricerca. Una bellezza che opera ad imitazione del mondo naturale, diventando durevole proprio perché ricca di valori e sapere. Una bellezza di contenuto che dà determinazione alla forma. La moda di cui il mondo ha bisogno oggi: una presa di coscienza del senso dell’agire umano in relazione ad una nuova educazione all’immagine. La moda consapevole che tutti, almeno un po’ stiamo cercando.
Marco Scolastici dell’Azienda Agricola Scolastici che produce lana da pecore italiane di razza sopravvissana. Racconta con dolcezza ed estrema cura la sua passione e la sua vocazione: fare il pastore. Il pastore che ama le sue pecore e sceglie di produrre in modo lento, seguendo il naturale ciclo di vita dell’animale. La qualità della sua lana è nettamente diversa dalla qualità della lana di pecore allevate in modo industriale, ciò che deriva dall’industria dell’alimentazione. Un campanello d’allarme suonato una sola volta ma al massimo volume! Il suo racconto fa riflettere e trasmette quell’equilibrio e quella bellezza che dovremmo ricercare, in tutto e di cui dovremmo tutti iniziare a prenderci cura.
Carolina Angius del brand Carolina Emme, giovane stilista e artigiana di moda sostenibile di Cagliari. Bella e brava, ma non solo! Etica e sostenibile soprattutto! Il suo profilo Instagram impazza di follower e la sua comunicazione gioca con assonanza cromatica e stile sopraffine. È stata per me una scoperta: dal design alla produzione, tutto è confezionato da lei, nel suo fantastico laboratorio. Credo fermamente che sentendo la sua storia, anche i meno appassionati di moda, saranno catapultati in un mondo “incantato” dove passione, natura e bellezza raccontano una storia e un design senza tempo.
Carlo Pierucci di Mario Doni Artigianato, produce solo su richiesta calzature in pelle. La concia vegetale fa di questo marchio un certificato di sostenibilità che racconta ad ogni post un valore in più della sua offerta. La manualità artigiana e le caratteristiche dei prodotti realizzati riportano alla mente gli antichi mestieri ed una qualità davvero sconosciuta, purtroppo. La personalizzazione, detta anche customizzazione del prodotto, è un plus inestimabile. Spiegarlo è forse difficile, poiché lontano dalle attuali logiche del sistema, ma ascoltare le parole del signor Carlo è davvero un piacere per l’anima.
Niccolò Cipriani di Rifò, che ha ripreso la tradizione dei cenciaioli di Prato e crea abbigliamento con fibre rigenerate. È una persona squisita: coerente e umano! Lo conosco ma non sono di parte nel descriverlo! I loro prodotti sono di ottima qualità e a livello comunicativo sono uno dei brand che stimo di più per trasparenza e qualità. Il loro sistema circolare e le loro azioni sono innovative, informative ed educative, non solo per il settore moda. La rete di collaborazioni che hanno attivato, con artigiani del settore, a km 0 nel distretto produttivo di Prato, riqualificando anche l’area, è ammirevole e molto interessate. Una sorta di grande famiglia sostenibile della moda, dove ognuno fa una parte indispensabile per il tutto.
Anna Fiscale di Progetto Quid, con la sua impresa sociale dà lavoro a persone con fragilità. Sono stati pluripremiati tra il 2020 e il 2021. Le loro collezioni sono molto di tendenza e accessibili. Pur essendo a mio avviso, il brand etico “più commerciale”, tra quelli proposti (non in senso negativo ma come positioning di marca) sono un bellissimo esempio che un’alternativa, nel settore moda, è possibile. Il valore umano è la caratteristica che li contraddistingue. L’opera sociale che la moda di Quid mette in campo è lodevole e disegna un esempio concreto di come realizzare capi in modo totalmente etico.
Flavio Berto, dell’azienda Berto Industria Tessile, produce denim a Bovolenta. Un’azienda peraltro vicina a dove abito, che non conoscevo, ma che ho scoperto con Intrecci Etici e non vedo l’ora di conoscere dal vivo! Flavio basa la sua narrazione sulla giusta consapevolezza che la sostenibilità è un percorso. L’estro creativo è percepibile fin dalle sue prime parole, lo stupore deriva dalla sua capacità di condurre una produzione onesta in questo settore. La storia della sua azienda, in continua evoluzione, rappresenta un heritage che deve assolutamente essere raccontato!
Francesca Lionti all’interno della sua Diorama Boutique vende capi vintage. Seguo, come molti di voi, la sua pagina Instagram. Un po’ per studio e un po’ per analisi di comunicazione, nel settore vintage e second hand. Lei rappresenta il suo ramo d’azione: incarna anche esteticamente e nel modo di porsi, i valori del suo marchio. Il suo store è uno scrigno dove trovare capi apparentemente dimenticati e personalizzabili, unici nei materiali e nello stile. Da lei non è probabilmente corretto parlare di “secondo hand”, è preferibile raccontare storie di “second chance”.
Consapevole che vi ho fatto leggere molto, forse troppo per un blog, concludo dicendo che in meno di un’ora questo documentario riesce a toccare tutti i temi più importanti della sostenibilità nel settore moda, portando voci influenti e soprattutto emozionando. Lucia e Lorenzo hanno creato una ricetta perfetta! Hanno dosato capacità, storie e temi in modo opportuno, conditi da uno stile slow che fa riflettere. La parola più menzionata nel docufilm, oltre alla sostenibilità e alla moda, è il TEMPO.
Vorranno forse dirci qualcosa? Occorre iniziare a porci domande!
Una cosa è sicura, il punto di vista positivo infonde tanta speranza e tanto coraggio: la voglia, quella vitale, di compiere scelte che profumano di umanità e rispetto.
Il mio consiglio?
Guardate questo corto e sostenete la bellezza, perché come dice Marina Spadafora (e molti altri) “chi compra vota” e solo noi possiamo migliorare questo mondo, nella moda e in tutto.
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Francesca Bonotto per ModaPuntoCom