Correvano gli anni Sessanta e la minigonna era destinata a diventare un simbolo della rivoluzione. Minigonna, ovvero “gonna corta,” che oggi non conosce limiti ma che nel 1960 arrivava ad appena 13 cm sopra il ginocchio. Non era l’indumento in sé ad essere la novità, ma le ragazze che la indossavano. Spiegare ai miei studenti perché la minigonna sia diventata il simbolo dell’indipendenza femminile è cosa ardua. Oggi la gonna è talmente inflazionata e mini che è diventata un’abitudine. Così come lo sono anche le camicie, i top, i pantaloni e molto altro. Scoprire le gambe è ancora sinonimo di rivoluzione?
A proposito della minigonna
Mary Quant scrisse “nessuno ha inventato la minigonna, nasceva da una volontà”.
Nel negozio “Bazaar”, a King’s Road in piena Swinging London, Mary Quant, supportata dal marito Alexander Plunket Greene, fa la storia della moda.
La minigonna trova spazio tra le esigenze del suo pubblico: i giovani. Una nuova fascia da idealizzare che diventa presto il target prediletto della moda e la protagonista della rivoluzione.
La minigonna, indumento apparentemente semplice da realizzare e indossare, divenne il simbolo del cambiamento. Colori squillanti, stile pop e materiali semplici, per un capo facile da confezionare ad un prezzo accessibile. La moda diventa democratica. La moda diventa comunicazione.
Mary Quant racconta una Londra alla conquista delle tendenze ma soprattutto un paese che ha bisogno di raccontarsi. È presto detto e, poco dopo, la minigonna entra di diritto, con i jeans, le t-shirt e le ballerine, nell’altare degli status symbol della moda. Siamo a metà degli anni Sessanta e tutti impazziscono per la minigonna: tutti la vogliono!
Agli albori, come ogni novità che si rispetti, la minigonna venne considerata oscena, inopportuna, scandalosa, tanto si era aggrappati alle vecchie immagini. Mary Quant la indossò per prima, dimostrando il coraggio e la volontà di scoprire le gambe. Contribuì così a renderla un capo accettato e ricercato.
La praticità per il genere femminile diventò un elemento di scelta preferenziale. La possibilità di poter scegliere e di scoprire chilometri di pelle rappresentarono un’eccitante novità. Un messaggio femminile per raccontare la rivoluzione.
“La musica in quegli anni era nell’aria e niente era come la minigonna”.
Il valore simbolico della minigonna, nella storia della moda, non ha mai accennato a sparire, anzi. Dalle passerelle di Andreè Courreges, alle interpretazioni degli stilisti negli anni Ottanta e Novanta. Yves Saint Laurent, Karl Lagerfeld, Gianni Versace sono solo alcuni dei grandi nomi della moda che hanno rivisitato questo capo. Anche oggi che tutto è mini (e c’è chi sottolinea che forse è troppo), ogni volta che indossiamo una minigonna accediamo ad un immaginario visivo.
L’amore per la minigonna rimane l’amore per una trasgressione. Ogni volta che scegliamo di scoprire le gambe facciamo una rivoluzione, sia essa personale o sociale.
È tempo di minigonna!
L’ultimo decennio per la moda è stato molto impegnativo. Dal crollo del Rana Plaza a Dacca nel 2013, ai #fridaysforfuture del 2018, fino alla pandemia iniziata nel 2020. Inoltre, il conflitto in atto allenta ancora un cambiamento di settore che tutti auspichiamo.
Dalla fine degli anni Novanta, il consumismo esasperato e la definizione per eccellenza di un “sistema della moda”, hanno portato questo settore al declino progressivo. Si sa, arte e finanza non possono convivere a lungo. La “minigonna” che la moda cerca oggi è la maxi rivoluzione che tutti vorremmo.
La ripartenza, nella moda è ancora un miraggio di domani. Soprattutto finché la moda è dati, fatturati e politica. Non so voi, ma io sento nell’aria che è tempo di una “minigonna”.
Una minigonna simbolica, oggi, dovrebbe essere assolutamente coscienziosa nei materiali e nei processi. Una minigonna che non abbia un fine vita. Etica e responsabile. Una minigonna che possa piacere a tutti e alla portata di tutti. Un capo da scambiare di ragazza in ragazza e di ragazzo in ragazzo. Un indumento che sappia durare al tempo, alle tendenze, alle guerre e alle persone, rivelandosi. Essendo ogni volta il risultato di una ricerca di senso e bellezza. Un capo che possa fare il giro del mondo in un’immagine.
Una minigonna che racconti la #rivoluzione, questa volta nella moda.